CAPITOLO II

L'ICT e l'Occupazione

2.3 I cambiamenti strutturali, lo sviluppo dell'occupazione e la rilocalizzazione internazionale

Attualmente, si sta verificando un processo internazionale di rilocalizzazione produttiva delle attività manifatturiere tradizionali (Wood, 1994), cui si aggiunge, grazie all'Information Comunication Technology, un'ulteriore internazionalizzazione di attività di servizio, precedentemente non trasferibili. Di conseguenza, l'emergere e l'ulteriore espandersi dell'ICT genera nuova occupazione, ma questa è più probabile che si crei in paesi lontani da quelli di origine delle nuove tecnologie.
Il timore di disoccupazione tecnologica nei paesi sviluppati, derivante dalla maggiore estensione del paradigma ICT, è legato a due fenomeni: da una parte, alla crescita generalizzata della produttività e, dall'altra, al trasferimento di molte attività ripetitive di produzione e di servizi verso regioni e Paesi a basso costo del lavoro.
Per quel che riguarda il primo punto, si può dire che nell'Unione Europea (U.E.) la crescita della produttività è stata abbastanza decisa. Essa può essere conseguenza di molte cause: può dipendere dagli spostamenti tra i vari settori (in particolare, quelli tra l'industria ed i servizi), oppure dalle modifiche nelle mansioni e nelle competenze, nella competitività e nelle possibilità di sviluppo od anche dalla creazione di occupazione in nuovi servizi hi-tech (di cui alcuni potrebbero subire trasferimenti internazionali, mentre altri no). Infine, essa può essere legata a posizioni generiche ad alta remunerazione e qualificazione.
E' vero che l'aumento della produttività porta tendenzialmente una diminuzione dei posti di lavoro, tuttavia è molto importante capire se esso generi una variazione dell'occupazione altrove, al fine di un serio e costruttivo dibattito politico.
Dato che un rallentamento della crescita della produttività (specialmente per lo sviluppo economico dell'U.E.) non è di fatto sufficiente ad incrementare il numero degli occupati, è opportuno guardare in profondità i cambiamenti strutturali dell'economia, in particolare quelli derivanti dall'innovazione tecnica.
Riguardo al secondo punto, ci riferiamo alla rilocalizzazione produttiva, la nascita dell'U.E. (in senso economico e monetario) ha reso i politici del nostro Paese più consapevoli delle implicazioni internazionali delle loro scelte.
Sono il cambiamento strutturale internazionale, che ha provocato nuovi scambi tra il Nord e il Sud dell'Europa e del mondo, e la rilocalizzazione produttiva di alcune attività nei Paesi in via di sviluppo a mettere in discussione automatismi salariali e capacità di creare occupazione nelle economie caratterizzate da alto costo del lavoro.
Negli ultimi due decenni, si è realizzato un generale spostamento dell'occupazione dall'agricoltura e dall'industria ai servizi nella maggior parte dei Paesi del mondo. In particolare, nei Paesi sviluppati il terziario risulta di gran lunga la principale fonte di occupazione.
Analizziamone le cause. Parte del declino dell'occupazione industriale è dovuta al subappalto di attività, prima eseguite all'interno del settore. Inoltre, durante ogni processo di crescita hanno luogo delle transizioni strutturali, vale a dire continui spostamenti dell'occupazione da un settore all'altro, legati alle complesse interrelazioni tra tecnologia e domanda. La tecnologia porterà con sé una maggiore efficienza nella produzione agricola ed industriale, riducendo l'occupazione, solo se l'incremento di prodotto non compenserà quello della produttività, grazie all'elasticità dei prezzi e dei redditi. Un'insufficiente compensazione avviene per i prodotti alimentari ed i beni di consumo di base, secondo quanto affermato dalla legge di Engel¹ , i cui effetti congiuntamente al miglioramento tecnico causano il costante declino dell'occupazione agricola nel lungo periodo.
La crescita occupazionale nei settori industriali ad elevata remunerazione del lavoro ed ad alta tecnologia, invece, deriva dalla forte e continua espansione del prodotto interno ed estero, che ha più che bilanciato gli incrementi di produttività in questi settori. Al contrario, la crescita dell'occupazione (nel settore finanziario ed in quello dei servizi alla persona) ha corrisposto ad aumenti minimi della produttività, poiché frutto di una veloce espansione del prodotto interno. Si prevedono poi ulteriori licenziamenti nel settore finanziario, a causa della maggiore efficienza e trasferibilità che l'ICT porterà a questi servizi.
Certo, un ampliamento della domanda e del prodotto industriale potrebbe aumentare l'occupazione, ma l'incremento di produttività, necessario per rimanere competitivi, potrebbe essere così alto da causare, comunque, un calo occupazionale in qualcuno dei settori considerati.

Svolgiamo ora un'analisi settoriale a livello occupazionale dell'ICT² , e distinguiamo, di conseguenza, essenzialmente sei ambiti: informatica hardware, telecomunicazioni, componenti elettronici, radio e televisione, apparecchi domestici ed illuminazione.
Il primo settore, quello informatico-hardware, riguarda personal computer, macchine per l'automazione di ufficio, apparati per punti vendita e registratori di cassa. Nel primo semestre 2001, il comparto informatico rivela un aumento del fatturato e dell'ordinato. Diminuisce la vendita di personal computer, mentre è stabile quella dei prodotti "assemblati" e delle periferiche. Il totale dei posti di lavoro occupati rimane all'incirca stabile, attestandosi ai livelli di fine 2000. La ripresa potrebbe però, arrivare dai nuovi investimenti e dalle agevolazioni fiscali del governo.
Il settore delle telecomunicazioni concerne le apparecchiature, i sistemi e le reti di telecomunicazione (fisse e mobili) con le relative attività di installazione. Tale settore è cresciuto negli ultimi anni, ma nel primo semestre 2001 ha registrato una leggera flessione del fatturato. Invece, qualche segnale positivo arriva dalle esportazioni e dalle infrastrutture.
L'occupazione è per lo più stabile, anche se con una lieve diminuzione tendenziale.
I componenti elettronici sono i semiconduttori, i circuiti integrati, i componenti attivi, passivi ed elettromeccanici. Il trend di questo settore produttivo, strategico per l'ICT risulta altalenante. Nel primo trimestre 2001 si è registrato un lieve incremento (per l'evasione degli ordini di fine 2000), ma, al contrario, nel secondo si è verificato un rallentamento.
Complessivamente, si registra un leggero aumento dell'occupazione.
Il settore radio-televisivo riguarda la televisione, le antenne, i videoregistratori, le videocamere ed i sistemi audio.
Nel corso del primo semestre 2001, radio, TV ed elettroacustica hanno registrato un calo del loro fatturato: i segmenti più colpiti sono stati quelli delle autoradio, dei TV color e degli hi-fi. Al contrario, sono in crescita gli apparecchi per uso domestico legati alle tecnologie digitali come i lettori DVD, i televisori combinati e le videocamere.
L'occupazione rimane stazionaria con lieve tendenza alla riduzione. Nel quarto settore, oltre a grandi e piccoli elettrodomestici, sono inclusi apparecchi di condizionamento e di riscaldamento ed utensili elettrici. Nel primo semestre si registra una tendenziale crescita del fatturato trainata anche dal buon andamento delle esportazioni. Per ciò che concerne il mercato interno, i segmenti più dinamici sono stati quelli dei congelatori e degli asciugabiancheria, mentre lo sono stati meno i forni a microonde ed i frigoriferi.
L'occupazione è rimasta fondamentalmente stazionaria.
L'ultimo settore ICT è quello che riguarda le sorgenti luminose ed i componenti elettrici ed elettronici per l'illuminazione.
Prosegue il trend positivo, che era stato registrato nel secondo semestre 2000. Da segnalare il buon andamento delle esportazioni.
Tutti i segmenti del comparto (apparecchi, componenti e sorgenti luminose) appaiono in crescita tendenziale.
In termini occupazionali, non si segnalano variazioni di rilievo.
Per concludere, va anche evidenziato che il commercio estero e la concorrenza internazionale sono fonti rilevanti di nuova occupazione e di spostamento geografico di manodopera. Il settore dell'ICT è di gran lunga il più dinamico del commercio mondiale ed, inoltre, sembra avere sui servizi, da un punto di vista internazionale, un effetto di notevole ampliamento degli scambi; in particolare, stimola la trasferibilità dei servizi tradizionalmente sacrificati dalla contiguità geografica o temporale di produzione e consumo.
Quinn (1986), definisce i servizi come quelle attività il cui prodotto è consumato nel momento stesso in cui viene realizzato, come ad esempio, un concerto. In genere, essi sono classificati in base alla loro funzione (come i servizi di distribuzione, o quelli di intermediazione tra le industrie, od anche quelli personali o sociali). L'Information Comunication Technology certamente provoca l'incremento degli scambi tra tutti i settori (primario, secondario, terziario), anche se con intensità differente per ognuno di essi ed, inoltre, consente ad un numero sempre maggiore di servizi, grazie alla nuova dimensione spaziale e/o temporale che offre, di separare produzione e consumo, aumentando ulteriormente la trasferibilità interna ed internazionale.
A causa della maggiore flessibilità e del crescente decentramento resi possibili dalle nuove tecnologie, si può prevedere un'ulteriore riduzione della dimensione geografica spaziale tra produzione e consumo in molti settori industriali.
L'aumento dei costi di trasporto fisico (di prodotti e di persone) confrontato con quello delle informazioni, può portare un avvicinamento delle unità produttive ai mercati di consumo, considerati anche i costi ambientali del trasporto. La rilocalizzazione internazionale, attuata dalle multinazionali verso aree/Paesi dove il costo del lavoro è inferiore, continuerà a provocare rilevanti cali dell'occupazione industriale nei Paesi sviluppati dell'OCSE ad alto costo del lavoro (Freeman e Soete, 1994, pag. 105). Tale tendenza rientra nella logica del commercio internazionale, della nascita dell'azienda globale e della deregulation dei movimenti di capitali (realizzata nel 1992 in Italia).
A muoversi devono essere le autorità amministrative locali: se intendono mantenere nella propria regione le imprese estere, devono creare le condizioni economiche che assicurino alle loro consociate un profondo radicamento nell'economia della zona, così che quest'ultima diventi indispensabile per la loro stessa competitività. Le autorità locali possono, inoltre, erogare sussidi per attirare le aziende straniere o creare condizioni infrastrutturali favorevoli (come corsi di formazione e di aggiornamento, collegamenti con le piccole e medie imprese subappaltatrici locali, collaborazioni con le università, gli istituti tecnici, i laboratori e gli istituti di ricerca della zona), che leghino profondamente le consociate estere alla regione in cui si trovano, ma anche le imprese nazionali.

 


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